PAOLO ROVERSI - l'artista che parla in Polaroid


E’ con grande piacere che dedico il primo articolo di approfondimento fotografico ad un grande connazionale, Paolo Roversi, ora più che mai sulla bocca di tutti..e per chi non sapesse il perché, lo svelerò nel corso dell’articolo :)
Ma prima raccontiamo un po' meglio di questo artista.

Nato a Ravenna il 25 settembre 1947, Paolo Roversi è oltre si famoso per il suo lavoro con la Polaroid formato 20x25 e viene considerato l’apri-pista per nuove sperimentazioni, anche perché utilizza una luce intensa ed incisiva che enfatizza il discorso espressivo.

Tutto ha inizio quando a 17 anni, durante un viaggio in Spagna, lo zio gli presta la sua Leica III e nasce così intensamente l’amore per la fotografia.
Tornato a casa si inventerà una vera camera oscura dove potrà sviluppare da se le proprie prime fotografie in bianco e nero.
Talmente determinato e bravo, a 20 anni lavora già come foto repoter per un agenzia fotografica e pochi anni dopo, nel 1970 apre nella sua città il primo studio, dedicandosi completamente a still-life e ritratti.


   

L’anno successivo è un anno particolare che lo segnerà: incontra infatti il fotografo svizzero Peter Knapp, che negli anni tra il 1952 e il 1960 vive e lavora a Parigi come direttore artistico della rivista Elle, il quale durante una chiacchierata gli consiglierà di trasferirsi proprio nella capitale francese per provare a lanciarsi seriamente nel mondo della fotografia di moda. E’ solo dopo un paio d’anni, nel 1973, che Roversi segue il consiglio di Knapp e si ritrova a vivere in una piccola stanza d’albergo a Parigi, che usa durante la notte per dormire e durante il giorno come studio.

Nei primi anni a Parigi, Roversi continua a lavorare com fotoreporter per Huppert Agency ma contemporaneamente, grazie al già citato Peter Knapp e al designer Popy Moreni, inizia a scoprire il mondo della moda oltre che conoscere i lavori di Richard Avedon, Irving Penn, Helmut Newton, Guy Bourdin e altri grandi maestri del ritratto della fotografia di moda.
A proposito di Newton e Bourdin, Roversi ricorda come una volta, facendo loro visita per chiedere di poter fare da assistente, Bourdin gli disse “non andare a New York, è il cimitero dei fotografi”.
Nel 1974 finalmente Roversi riuscirà a farsi prendere come assistente da Laurence Sackman, dal quale però rimarrà solo 9 mesi anche perché, pur essendo un genio, era molto difficile lavorarci. Da Sackman imparerà moltissimo per quanto riguarda tecnica e creatività, dunque sarà uno step fondamentale per la sua formazione nonostante il breve tempo trascorso assieme a lui. Una frase che egli soleva dirgli gli rimase molto cara e cita, in una recente intervista: “fissa molto bene il tuo treppiedi a terra e la tua camera molto bene al treppiedi ma lascia la tua mente libera di volare” e così infatti sarà il suo concetto di lavoro e di studio molti anni dopo, definendolo come “uno spazio senza tempo, un teatro dove può accadere tutto quello che si vuole; un giorno può nevicare, il giorno dopo piovere e il giorno dopo esserci il sole”. Sviluppa in questi mesi da Sackman anche un’altro caposaldo del suo concetto creativo, il concetto del “perchè no?”, importante filosofia di lavoro che applica sempre perché, sostiene, pensando in questo modo ci si apre un sacco di possibilità.


Abbandonata la mansione di assistenza a Laurence Sackman, Roversi finalmente si sente pronto a lavorare in proprio e lo farà inizialmente collaborando con la rivista Elle, di cui ricordiamo Peter Knapp è direttore artistico ma la sua prima pubblicazione importante è su Marie Claire anche se la consacrazione definitiva avviene nel 1980 quando firma la campagna pubblicitaria di Christian Dior. 
E’ sempre nel 1980 che, allo studio Pin-Up, scopre appunto la pellicola Polaroid 20x25 da usare sul banco ottico di grande formato: come già citato in precedenza, egli amerà talmente tanto questa misura e questo modo di fotografare da renderlo iconico e caratteristico di tutto il suo lavoro e della sua ricerca estetica, oltre che rinnovare completamente anche la sua relazione con il soggetto fotografato. La resa della Polaroid infatti, rende i colori delle foto praticamente irreali, creando un mondo sospeso tra il reale e l’irreale.
Della sua fotografia oggi dice che “è come un fantasma, fare foto è un istante, è come mettere un punto sulle ali di una farfalla che vola e fissarla al muro in quello stesso istante; per questo la fotografia è come un fantasma, è come una memoria, sono affascinato da questo concetto di memoria che sta dietro ad ogni fotografia” e ancora, “la mia fotografia è più sottrattiva che additiva: provo sempre a togliere qualcosa piuttosto che metterlo; tutti noi abbiamo delle maschere sociali, quando salutiamo, quando sorridiamo, quando scherziamo..e io provo poco a poco a toglierle per tirare fuori la vera essenza, qualcosa di puro che viene fuori quando c’è una sorta di svuotamento e spogliazione di queste maschere”.


  


Finalmente nel 1981 trasferisce il suo studio in Rue Paul Fort, 9, dove tutt’oggi lavora.
Sono gli anni 80, con la loro fame di fotografi in grado di esprimere un lavoro personale e creativo da infondere a campagne e cataloghi, a segnare la consacrazione di Roversi nella fashion photography: è in questi anni infatti che collaborerà con Comme des Garçons, Yohji Yamamoto, Romeo Gigli i quali piano piano gli daranno la possibilità, per le loro campagne ed in seguito, di fotografare le più belle donne del pianeta moda, sia nei ritratti che nei nudi, tra le quali Kate Moss, Inès de la Fressange, Saskia de Brauw, Natal’ja Vodjanova, Lucie de la Falaise, Isabella Rossellini, Kirsten Owen, Tilda Swinton, Milla Jovovich.. 
La sua fotografia sarà sempre diversa rispetto ai trend e alle mode del momento. Sarà sempre lontana dai riferimenti sessuali degli anni ‘70, lontana dagli opulenti anni ‘80, lontana dalla fotografia snapshot dei tardi anni ‘90 e dai 2000; sarà una fotografia sempre molto poetica e con riferimenti al mondo pittorico e dell’arte sai nella ricerca dei nudi che nella fotografia per brand di moda o editoriale.


Al giorno d’oggi Paolo Roversi è considerato uno dei maggiori fotografi di moda e uno di quelli con maggior talento e un forte stile personale altamente riconoscibile. Le sue fotografie sono state pubblicate a livello internazionale su riviste quali Vogue, W Magazine, Vanity Fair, Elle, Marie Claire, Harper’s Bazaar e i suoi clienti sono stilisti e case di moda e bellezza del calibro di Giorgio Armani, Valentino, Krizia, Cerruti, Yves Saint Laurent, Alberta Ferretti, Pomellato, Givenchy, Guerlain, Chanel, Lancôme oltre che i già citati Christian Dior, Comme des Garçons, Yohji Yamamoto e Romeo Gigli.
Il suo linguaggio visivo classico porta a ritratti di eccezionale intimità e le sue fotografie fluttuano in un non-tempo, tra passato e presente, immagini di grande familiarità in cui solitamente la modella è sola, protagonista centrale su uno sfondo neutro, in genere con nessun altro elemento se non o il suo corpo nudo o i vestiti che indossa. I nudi, di una bellezza e purezza eccezionale, spesso vedono la figura stare in piedi davanti l’obiettivo con gli occhi diretti dentro la camera e l’ambiente è ancora spoglio, buio ed essenziale.

  

La fusione tra sfondo, ombre della pelle, abiti indossati e modella è una delle caratteristiche tipiche del lavoro di Paolo Roversi in cui le modelle sembrano quasi impalpabili, con una sensualità casta e pura anche nei nudi. Il suo modo di utilizzare la luce è chiamato “una luce all’italiana quasi pittorica” mentre il curatore e scrittore d’arte Martin Harrison definisce la sua fotografia come “l’espressione più estrema della grazia e della bellezza fragile”.
Le sue principali fonti d’ispirazione sono la nostalgia dell’infanzia e l’inconosciuto e, grazie alla sua poetica di immagini, trova il suo lavoro esposto in gallerie e musei di tutto il mondo oltre che aver pubblicato diversi libri fotografici tra cui “Angeli”, “Libretto”, “Nudi”, “Studio” e “Secrets”.
Interessante la tecnica che sfrutta l’effetto delle lunghe esposizioni, da pochi secondi fino a 30, affidandosi al flash per congelare l’espressione della modella: questa tecnica secondo Roversi, da maggior tempo alla versa essenza di affiorare e manifestarsi, come abbiamo visto prima in una sua diretta testimonianza.



IL CALENDARIO PIRELLI
Ed ecco che Paolo Roversi sarà quest’anno il primo fotografo italiano a firmare il Calendario Pirelli, ormai un’istituzione, pubblicato per la prima volta nel 1963 con gli scatti di Terence Donovan e successivamente negli anni scattato da colossi quali Richard Avedon, Helmut Newton, Peter Lindbergh, Herb Ritts, Mario Testino, Annie Leibovitz, Peter Knapp, Mario Sorrenti, Nick Knight, Bruce Weber, Patrick Demarchelier, Mert & Marcus, Inez van Lamsweerde & Vinoodh Matadin, Karl Lagerfeld, Steve McCurry, Steven Meisel, Tim Walker, tra gli altri..


Le modelle apparse negli anni sono le più belle e sono davvero tantissime, molte scelte per più di qualche annata, tra le varie citiamo Naomi Campbell, Adriana Lima, Natal’ja Vodjanova, Eva Herzigova, Gigi Hadid, Mariacarla Boscono, Isabeli Fontana, Kate Moss, Laetitia Casta, Monica Bellucci e tantissime altre..ma anche attrici tra le quali Julianne Moore, Naomi Watts, Sophia Loren, Penélope Cruz e ancora tante altre donne meravigliose!
Forse non tutti sanno che il Calendario Pirelli non è in vendita, ma viene prodotto in tiratura limitata per essere regalato ad importanti clienti Pirelli e ai VIP. Nella sua lunga storia che, come abbiamo detto, parte nel 1963, ha subìto una pausa solo dal 1975 al 1983 (compresi) a causa della recessione economica.
Firmare (ed anche apparire come modelle e modelli) il Calendario Pirelli è diventato con gli anni segno distintivo e molto ambito, dunque una grande onorificenza per il nostro fotografo ravennate dallo stile sognante, elegante ed inconfondibile che sviluppa il suo calendario immaginandolo a Verona e sviluppandolo attorno alla figura di Giulietta. Si, a tema “Giulietta”, non “Romeo e Giulietta”. 


Guardando dunque al dramma shakespeariano, Roversi va alla ricerca “della Giulietta che esiste in ogni donna”. Protagoniste di questa 47esima edizione del Calendario sono le attirici Claire Foy, Mia Goth, Yara Shahidi, Kristen Stewart ed Emma Watson, la cantante e attrice cinese Chris Lee, la modella e attrice transessuale Indya Moore, la cantante spagnola Rosalia e Stella Roversi.
L’originalità della creatività del fotografo italiano emerge anche nello sviluppo del progetto, organizzato in una combinazione di riprese fotografiche e cinematografiche. Oltre alle foto per il Calendario, Roversi realizza anche un cortometraggio di 18 minuti in cui interpreta se stesso nel ruolo del “regista impegnato in delle audizioni per trovare la Giulietta perfetta per il suo progetto: durante questi incontri, le varie candidate prestano i propri volti alle diverse anime di questa donna shakespeariana e vengono riprese in un primo momento in cui dialogano con Roversi a proposito del progetto raccontando le proprie esperienza e la loro idea del personaggio e in un secondo momento in cui vestono proprio i suoi panni interpretando realmente spezzoni del dramma di William Shakespeare.
Scattato lo scorso maggio, il Calendario Pirelli 2020 è il primo realizzato da un fotografo italiano che ha ambientato il suo progetto tra Verona, la patria di Giulietta, e Parigi, la città in cui vive da oltre quarant’anni. Da grande appassionato di lirica, Roversi ha voluto realizzare un oggetto con un’impronta grafica originale e fortemente ispirata a un libretto d’opera. Il Calendario è composto da 132 pagine, con il datario in copertina, brani tratti da Romeo Giulietta e 58 foto, a colori e in bianco e nero, che ritraggono le protagoniste e la città di Verona.


Roversi, dice, ricerca “un’anima pura, colma di innocenza, forza, bellezza, tenerezza e coraggio da trovare negli occhi, nei gesti, nelle parole, nei sorrisi e nelle lacrime, nelle voci e nei canti, perché c’è una Giulietta in ogni donna e non smetterò mai di cercarla”.




  
  

  


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